Secondo giorno di proteste in Myanmar. Divampa il fuoco della ribellione al golpe.
E’ ormai la voce di un popolo il grido che riecheggia per le vie delle principali città del #Myanmar. Un fuoco che divampa sempre più. La ribellione a un regime che non dà spazio alla libertà.

Folle oceaniche anche questa mattina si sono radunate infatti per protestare contro il Colpo di Stato che lunedì scorso ha portato all’arresto del premio Nobel Aung San Suu Kyi e del suo staff.
Folle inermi che marciano, animate da un comune anelito verso quella #democrazia che sembrava profilarsi all’orizznte con la vittoria alle elezioni dello scorso 8 novembre del partito NLD di Aung. Una vittoria mai accettata dai militari che, dopo decenni di potere e di controllo della Nazione, hanno imposto il loro dominio con un #golpe.
Un paese isolato
Sono ormai decine di migliaia, donne, uomini, di ogni estrazione sociale, di ogni età. Sventolano le bandiere rosse del partito democratico locale ed alzano tre dita. Un gesto, divenuto ormai il simbolo della ribellione popolare al Colpo di Stato. Sfilano, accompagnati dai clacson delle auto, sfidando la polizia, a cui regalano fiori.
Le notizie giungono con difficoltà, grazie ai pochi cronisti presenti, che a causa del blackout di Internet e le restrizioni sulle linee telefoniche, non possono mettersi in contatto col resto del mondo.
Le foto arrivano da Facebook, ma aumenta di ora in ora lo stato di tensione generale. Il Paese é isolato e ciò preoccupa ancora di più le Nazioni Unite ed anche l’America di Biden.
Si teme che la polizia possa intervenire sui manifestanti e, soprattutto, si teme l’intervento della vicina Cina. Unica Nazione che non ha avuto parole di biasimo per il #golpe.
Il sogno della democrazia
“Non vogliamo la dittatura militare! Vogliamo la #democrazia! “, queste le parole che riempiono l’aria, colmando i vuoti della rassegnazione. E’ un fremito che scuote e pervade tutti. E’ la rabbia per una libertà negata che divampa ed esplode.
Le immagini di San Suu Kyi colorano il loro percorso e dominano il loro cammino verso una speranza. Non temono più nulla, non hanno paura. Hanno già provato tutto, ma soprattutto la miseria.
Anche i monaci, protagonisti della grande Rivoluzione dello zafferano del 2007, si uniscono a queste folle ormai inarrestabili. E la voce del popolo dilaga, esonda come fiume in piena, rompendo gli argini di una dittatura imposta con la forza.
Sono in migliaia oggi, come ieri, a scrivere la Storia di questa Nazione. Una Storia che sarà letta solo nel futuro di questo Paese.
#IrmaSaracino