In un’epoca in cui si indaga il genere maschile e femminile, nel Messico meridionale si affianca un terzo genere, i Muxes
Il film “Finlandia”, del regista messicano Horacio Alcalà, presentato quest’anno in concorso al “Lovers film Festival”, di Torino, ha portato all’attenzione del grande pubblico occidentale la cultura dei Muxes.

Nell’istmo di Tehuantepec, nella valle di Oaxaca, che gli Aztechi chiamavano Huaxyàcac cioè “luogo degli alberi di Huaje, nel #Messico meridionale, lontano dai giri turistici di massa, da oltre 2500 anni sono stanziati, in particolare nella città di Juchitàn de Zaragoza, gli Zapotechi. Civiltà indigena precolombiana tra le più antiche del mondo.
I Muxes
In netto contrasto con il machismo dominante, di origine coloniale, importato dal cattolicesimo, questa popolazione è caratterizzata da un 10% di Muxes. Il così detto “terzo genere”. La parola “muxe” si pensa possa derivare dalla parola “mujer” che, nella lingua spagnola, sta per “donna”.
Sono membri della comunità nati biologicamente maschi, ma che si identificano, già in tenera età, come generi diversi.

L’origine del fenomeno è assolutamente precoloniale. E si riscontra nel fatto che sacerdoti e ministri di culto di molti contesti sociali precolombiani vestissero sia alla maniera maschile che a quella femminile.
I Muxes possono essere “vestidas”, indossano abiti femminili o “pintadas”, indossano abiti maschili e fanno uso di trucco. Alcuni di essi si sposano per avere figli e poter continuare la specie, altri scelgono per le loro relazioni affettive e sessuali partner maschili.
Questi ultimi, noti come “mayate”, non sono necessariamente considerati omosessuali. I Muxes non solo sono bene accettati e rispettati nella #società Zapoteca, a differenza di altre regioni del paese, ma sono tradizionalmente considerati portatori di buona fortuna.
Una vera benedizione
Il solo fatto di avere in famiglia un Muxe è considerato una benedizione!
Nella #cultura Zapoteca c’è una totale assenza di omofobia, transfobia e ostilità nei confronti di identità sessuali fluide tant’è vero che essi non soffrono di nessuna disforia di genere e non ricorrono mai a trattamenti ormonali o a operazioni chirurgiche.
Ben integrati anche nella #società lavorativa, possono svolgere sia lavori maschili come la produzione di gioielli, sia femminili come il cucito e la decorazione di altari casalinghi.
Ma è nel ricamo che la loro arte si esprime in tutta la loro creatività creando i propri modelli di abbigliamento che con i loro colori vivaci e variopinti vengono copiati dagli stilisti di tutto il mondo.
Sfoggiano i loro stessi capi con portamento estremamente elegante, come vere regine, in occasione di festività e concorsi di bellezza e non è raro ammirarli sulle copertine delle riviste di moda.
Sensibili e vulnerabili si prendono cura reciproca. Si educano e lavorano gli uni per gli altri, facendo della creatività e del divertimento la loro prerogativa.
Vela de las intrepidas
Una celebrazione per onorare i Muxes e la loro diversità di genere si manifesta nel festival di tre giorni di Oaxaca chiamato “Vela de las intrepidas” (veglia degli intrepidi).
I Muxes cercano di vivere liberi da etichette, come maschile e femminile, un concetto che ancora disorienta anche le parti più progressiste del mondo.
Mentre gli occidentali sono impantanati con parole come maschio, femmina, transgender, gay, etero, bi, e così via, i Muxes dimostrano che la mancanza di distinzioni sia quello che li rende più originali.
Omofobia, transfobia e astio verso il non-binarismo di genere sembrano non appartenere a questa comunità precolombiana.
Una grande lezione di vita e di civiltà che proviene dalla culla del mondo, da cui tutti noi dovremmo imparare.