‘Olocausti’, la voce, il grido di denuncia di un poeta che ci parla di un’umanità spesso troppo indifferente.
Se le parole hanno un peso allora in ‘Olocausti’ la sofferenza si fa non solo immagine, ma assume corpo, dimensione, concretezza, inducendo il lettore alla riflessione.
Non ci sono retoriche in questo testo che si traduce in un messaggio violento, sferzante. E ciò grazie alla capacità del suo autore, Francesco Palermo, di saper concretizzare in poche righe un’esperienza, un’emozione che travalica i limiti del soggettivismo per farsi vita, tempo, spazio.
Con una forza ed un’immediatezza prorompenti Palermo, di ritorno da Auschwitz e
Birkenau, squarcia il velo dell’ #indifferenza di un’ #umanità spesso troppo superficiale, rievocando immagini del passato, ma anche quelle di un presente intriso d’ #inferno.
Francesco Palermo, un poeta dei nostri tempi
Schivo, talvolta fin troppo immediato, Francesco Palermo, nato a Torchiarolo (BR), sorprende per la sua profondità e la sua capacità di analisi che esprime in un linguaggio poetico scevro da toni melensi.
Ma sorprende soprattutto che la poesia sia la sua espressione più sentita. Un’espressione, un registro di comunicazione che, a suo dire, lo accompagna sin dall’età di 9 anni. E, da allora, questo autore ne ha fatto di strada, mietendo successi e riconoscimenti letterari.

Ha percorso, nella sua ricerca, i sentieri della vita, del tempo, ma anche dell’arte, perché Palermo si cimenta, si confronta con se stesso anche sulla scena.
Un artista, dunque, a 360 gradi? Questo potrebbe essere l’interrogativo più ovvio a una prima lettura della suo curriculum artistico. Ma, in realtà in lui l’uomo si confronta con se stesso e con i mille interrogativi di un’umanità che ha ancora molto da scoprire, tanto da imparare.
Allora la scena diviene il palcoscenico della vita e anche le poesie, al di là di una dimensione temporale o di una definizione spaziale, fotografano una realtà spesso troppo crudele. Una realtà che si traduce purtroppo e spesso in #inferno.
Olocausti
Fu debole la parola
mentre capriole di fumo
s’alzavano acri
sul dolore dei rimasti
e sulle vane attese di ritorni.
Non tutti silenzi di paura
su quel mondo del nulla e della morte
mentre giungevano ogni giorno,
da un binario perduto all’orizzonte,
convogli di anime sconfitte,
cumuli di storie e di vite,
lì…verso l’inferno.
Troppa indifferenza infame
sui deliri di anime senz’anima,
sui piedi nudi affondati nella neve
e pozze di sangue a bagnare
le schiene sul selciato
e le mosche scacciate dalle facce affamate
e il vento insinuato tra le ossa sporgenti
e nel silenzio delle notti, mescolati i respiri,
i singhiozzi a bucare le timide preghiere.
E di giorno a misurare le assenze
e i numeri scolpiti nella pelle
e poi gli arrivi,
in fila per andare a morire.
Ma ancora sale il silenzio
sui traghetti di anime dolenti
che attraversano le porte degli inferni
o s’infrangono inermi sulla riva
come gusci di conciglie alla risacca,
sugli occhi spenti di un infante
lacsiato a terra senz’ali,
sul vecchio dalla gambe malferme
inutile come ramo avvizzito,
sui fragori di ferri battuti nelle galere.
Andremo oltre la nostra preistoria.
Ma l’inverno sembra eterno
senza che ancora venga un Natale.
by Francesco Palermo
Recensione di
#IrmaSaracino
.