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Un’oasi di spiritualità nel deserto di oggi

DiIrma Saracino

Mag 8, 2023
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Un convento risalente al ‘500, posto a una distanza di circa 2 km dal comune di Massafra, oggi riscrive la sua storia grazie a una suora, tornando ad essere quell’oasi di pace di un tempo.

Tutto ha un limite eccetto la #fede. Quella fede che rende l’uomo forte, quasi guerriero, che lo aiuta a non avere paura. E lo sa bene suor Palmarita Guida che dalle macerie dell’abbandono e dell’indifferenza ha saputo ridare vita a un luogo che un tempo fu ristoro di pace. Oasi per quanti anelassero a ritrovare quella #spiritualità spesso uccisa, negata dalla vita.

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Suor Palmarita in un’intervista rilasciata a ViviWebtv

Santa Maria degli Angeli

Era il 1500, un periodo buio per la storia, caratterizzato da estrema povertà ed epidemie, da invasioni di popoli dominatori, ma anche dalla ricerca di quel Dio troppe volte invocato. Un’esigenza, questa, sentita forse un po’ dovunque, ma ancora più tangibile in una piccolo centro urbano come Massafra, poco distante da Taranto. Una realtà contadina, piegata spesso dalle difficoltà di una quotidianità segnata dalle carestie e dallo sfruttamento dei signori del posto.

Qui dunque, come altrove, proliferavano luoghi di culto, dove l’operosità dei frati poteva dare ristoro, non solo spirituale, agli ultimi, agli emarginati. Luoghi in cui anche il labor intellettuale dei frati era un mezzo per tramandare ai posteri la voce di Dio.

Gli scriptorium, come le biblioteche divenivano così scrigni preziosi, in grado di preservare quel patrimonio culturale senza il quale probabilmente non avremmo contezza della nostra identità.

E fu in quest’epoca così remota che sorse il centro culturale, ma anche di carità, che prese il nome di Santa Maria degli Angeli. Un’oasi voluta anche dalla famiglia dei Pappacoda e edificata dai frati francescani cappuccini. Un #convento che divenne luce fulgida per gli abitanti del posto, ma anche per i pellegrini che chiedessero ospitalità.

La rovina, l’abbandono

Ma, come ci riferisce suor Palmarita, tutto ebbe termine con la confisca dei beni religiosi da parte dello Stato nel 1867. E, successivamente, la struttura fu utilizzata in vari modi. Fu lazzaretto, poi ospedale, fabbrica di mattoni e, nel corso dei due conflitti mondiali, rifugio per militari e profughi.

Il degrado fu graduale e si giunse alla chiusura del culto all’interno dell’annessa chiesetta nel 1941. Poi, nel 1973, un violento incendio, ne causò il crollo della navata centrale, danneggiando notevolmente anche la preziosa biblioteca.

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Interno della chiesa adiacente al convento

Fu il principio della fine, perché l’uomo, talvolta, sa essere ancora più crudele di quanto si pensi e la struttura fu vandalizzata per anni.

With God all things are possible

Quando, circa cinque anni fa, suor Palmarita ottenne in comodato d’uso per 25 anni la struttura, rimase, a dir poco, sconcertata. Ma il coraggio non manca certamente a questa straordinaria donna che, investendo anche la cospicua eredità ricevuta dai propri genitori, si mise all’opera, ridando vita al #convento.

– Come mai questo amore per l’arte? E, perché lanciarsi in un’impresa a dir poco ardua, quale la ristrutturazione di questo convento?- le chiedo, osservando i suoi quadri, attualmente in mostra a Taranto

-Fa parte di me e, inoltre, volevo ripristinare, attraverso una serie di iniziative di vario genere, l’antico spirito di questo luogo, affinché potesse tornare ad essere un centro di #spiritualità e di evangelizzazione. Un luogo, dunque, dove poter ritrovare se stessi attraverso un percorso di discernimento.

La osservo, mentre mi illustra le tante attività realizzate, nonché quelle da realizzare e nei suoi occhi leggo una forza e una determinazione straordinarie e, in particolare, la convinzione che tutto sia possibile con la Provvidenza. Ne ammiro la capacità di sperimentarsi in nuove prove e, soprattutto, di esprimersi attraverso l’arte, in tutte le sue modalità.

Il convento come si presenta oggi- foto by ViviWebtv

Poi, dopo alcune informazioni sulla storia del luogo, comprendo come in realtà questa donna non sia sola.

In lei c’é una luce che illumina anche i suoi quadri, ma soprattutto quella certezza che tutto può essere vero, raggiungibile, perché già presente nella nostra vita.

E allora, mi allontano, ponendo fine al nostro dialogo, pensierosa, ma un po’ più ricca.

Dopotutto cerchiamo sempre la nostra oasi, quasi un’isola senza approdo. Un’isola che non c’é, dove essere felici. E non capiamo che la felicità, tanto agognata, arde dentro di noi. Basta solo saperla scorgere.

#IrmaSaracino