La passione politica di Dante racchiusa in questo grido di dolore e di rabbia verso una serva Italia, schiava della corruzione
Sanguigno, passionale, nela vita e nella politica Dante Alighieri non usa mai mezzi termini , anche in poesia, per esprimere le sue emozioni, talvolta il suo sdegno o, ancora, la sua pietas E quel serva Italia é l’esplosione di tutta la sua rabbia nei confronti di una politica corrotta, svenduta.
Certo, rileggendo questi versi del canto VI del Purgatorio dantesco, un amaro sorriso muove i contorni del nostro viso e l’attualità dell’invettiva dantesca salta agli occhi. Cruda , efficace, schietta, specie alla luce dei recenti accadimenti che portano alla ribalta delle cronache lo stretto legame esistente tra certa politica e mafia.
Certo il prezzo che pagò il sommo poeta per la sua capacità di denuncia fu molto alto e anche questo ci fa riflettere sull’attuale situazione dove l’arma più feroce é la querela immediata ed economicamente punitiva. E, se l’Alighieri provò l’amarezza ‘dell’altrui pane’ con l’esilio, noi oggi subiamo ben altre conseguenze.
Illuminazioni dantesche
Universalmente riconosciuto come padre della poesia italiana e della nostra bella lingua, Dante, da toscanaccio doc, usò anche un linguaggio, a dir poco, colorito nei suoi versi, ma la fluidità delle sue terzine seppe sopperire a quel sermo talvolta cotidianus.
Fu colto, acuto osservatore degli uomini, fu scomodo politico, fu un intellettuale che seppe precorrere anche i tempi moderni. E superò i limiti di quella cultura medievale di cui era pregno per rielaborarla, mutuandone le intuizioni più geniali.
Alla luce di ciò si comprende anche l’architettura della Commedia, basata su un preciso impianto numerologico che é anche rappresentazione della Perfetta Armonia. E non é casuale che ogni canto VI delle tre cantiche sia politico. Sei, infatti, é notoriamente il numero del demonio, probabile artefice di ‘quella cupidigia che i mortali affanna’. Ovvero la politica.
A riveder le stelle
Se i primi versi della seconda cantica danno sollievo e speranza, malgrado la presenza ingombrante di Catone, e la luce ritrovata delle stelle guida il cammino di Dante e di Virgilio, l’amara realtà riappare nel canto VI.
E’ qui, infatti che Dante esprime tutta la sua rabbia, il suo dolore, verso quella che lui chiama Italia, quasi presago di una futura unificazione nazionale
Ahi serva Italia, di dolore ostello,; nave sanza nocchiere in gran tempesta,; non donna di provincie, ma bordello! Grida e il suo dolore é lì, in quell’abbraccio tra Sordello e Virgilio, uniti dal nobile senso di appartenenza alla stessa terra.
Il suo grido é vibrante e riecheggia nel tempo, nello spazio dei nostri giorni. incupiti da una forma di rassegnazione che ci impedisce anche di far sentire la nostra voce.
E’ qui, con noi, riecheggia in una quotidianità cos’ spesso difficile, ma ci accompagna anche verso la speranza di tornare un giorno ‘ a riveder le stelle’ di un cielo dal color ‘d’oriental zaffiro’. Sgombro dalle nubi nefaste della corruzione.
#IrmaSaracino