Continuano i disordini in Terra Santa e Gerusalemme s’infiamma in un crescendo di soprusi e odio.
Difficile parlare di un argomento così scottante per l’Occidente che da anni legittima e accetta supinamente la logica del sopruso e della prevaricazione. Si parla di pace in Israele, ma si tace sull’effettiva realtà di quel territorio dominato da un popolo, forse dimentico del genocidio subito, al punto di prevaricare, anzi schiacciare i diritti di altri. I disordini che, anche questa notte, hanno infiammato le vie di Gerusalemme ne sono la naturale conseguenza.
E la situazione precipita sempre più. Mentre a prendere il sopravvento é l’odio che va di pari passo con la #povertà, con una quotidianità vissuta nell’indigenza e nella paura di essere privati delle proprie abitazioni.
Questa l’amara verità del popolo palestinese. Forse una verità scomoda, che dobbiamo ancora scoprire.
Ricordi da un viaggio
Di fronte a simili episodi di #violenza, riaffiorano i ricordi dell’esperienza vissuta in quella che, oggi più che mai, mi riesce difficile definire Terra Santa.
Ricordi indelebili, scolpiti negli occhi, nel cuore, mentre ancora riaffiora la rabbia e la voglia di gridare al mondo che non può esservi pace dove vi é l’indifferenza e l’affermazione di una presunta supremazia, legata all‘elezione di una razza.
Terra Santa
Era il 2012 quando, nella mia curiosità di scrittrice, che é anche e soprattutto curiosità di vita, di crescita, approdai in Terra Santa. Ciò che mi colpì al primo impatto fu la miseria dei palestinesi, ma non avrei mai immaginato di vivere un’esperienza sconvolgente che forse riassume e squarcia il velo della menzogna.
E parlare di quel bambino é un po’ come farlo rivivere.
Hassan
Hassan era uno dei tanti nella cruda realtà di #Gerusalemme, dove la miseria si confronta con il potere imposto dall’illogicità di una Legge spietata. Ed annienta anche i sogni dei bambini, costringendoli spesso a mendicare.
Abitava di fianco al mio hotel, ma la strada era la sua vera casa. Con poche e misere collanine, presuntamente di corallo o altre pietre, attendeva pazientemente il passaggio di turisti e quegli occhioni si accendevano nella speranza di una vendita miserevole.
Quegli occhi persi nel vuoto!.. Quanta tristezza e quanta dolcezza trasparivano. Aveva solo 8 anni e conosceva la fame.
Ricordo il nostro primo incontro. Mi dirigevo frettolosamente in hotel quando fui presa d’assalto da una schiera di bambini. Mi proponevano miseri manufatti. Collane prevalentemente.
‘Uni euro, uni euro!‘, quasi un ritornello che siglava la loro presenza.
Fui colpita però dalla tristezza dei suoi occhi e mi prese la rabbia. Acquistai qualcosa da lui, mentre gli altri mi tiravano con la disperazione che caratterizza la povertà. Gli sorrisi e fu subito devozione.
Anche la mamma da quel giorno prese a salutarmi e volle farmi entrare nel suo mondo, fatto forse di indigenza, ma ricco di calore umano.
Hassan mi dava la manina ed io in quella stretta, che sapeva d’abbandono infantile, trovavo una risposta a tanti miei perché.
Troppe volte ci si ripiega su se stessi, sulle proprie vicissitudini, dimenticando che fuori c’é un mondo che ha bisogno di noi.
Quel giorno terribile
Passavano i giorni e, tra sorrisi e conversazioni in un inglese stentato e fatto di gesti, capivo la loro vita.
La situazione non era tranquilla a Gerusalemme, specie in quel periodo. Gli attentati, le violenze ( quelle di cui nessuno parla) erano la costante della quotidianità.
Poi venne quella mattina.
Ero, per mia fortuna, ancora in camera quando sentii un frastuono che, ormai, avevo imparato a riconoscere. Spari, urla e il fumo della morte. Dopo.. solo pianti disperati!
Trovai il coraggio di uscire e.. lo vidi. Per terra, come tanti. Gli occhi aperti, sulla crudeltà di un mondo che non sa amare, guardavano per l’ultima volta l’intenso azzurro del cielo di Gerusalemme.
Da allora sono passati gli anni, ma il ricordo di Hassan é ancora vivo, mentre per le vie di Gerusalemme ancora si combatte.
#IrmaSaracino