profumi

Tra le vie del Borgo antico di Taranto ci si perde nella storia e durante la Settimana Santa, oltre al misticismo, si percepiscono i profumi di antiche tradizioni

Solo pochi giorni alla Pasqua e a Taranto, tra le molte processioni, camminando per le vie della ‘città vecchia’, si viene travolti dal vortice di antiche tradizioni, presenti anche nei profumi e nelle suggestioni che il fervore religioso popolare sa creare.

Riaffiorano così i ricordi dell’infanzia, dei momenti di gioiosa attesa, inebriati da quell’innocenza che si stupiva dinanzi al perpetuarsi di usi e costumi tramandati da secoli.

E, nel pantheon dei racconti della nonna, c’erano quei dolci pasquali che raccontavano antiche leggende e credenze popolari. Dolci, i cui profumi sono ancora nell’aria, nel tessuto narrativo di una città che, mestamente chiede di tornare al suo antico splendore.

I ricordi

Ricordo ancora la gioia, l’entusiasmo che mi accompagnava, quando assistevo alla preparazione dei tradizionali taralli pasquali e di quelle scarcelle che mi intrigavano, già da allora. Mi stupivano.

Incuriosita e ammirata dall’abilità con cui mia nonna preparava l’impasto, cominciavo a farle mille domande. Erano le domande dell’ingenuità. Quelle che ti portano a fantasticare, ma anche a voler capire il mondo.

E, mentre le chiedevo quale fosse il significato della forma delle scarcelle, iniziava il racconto.

Le scarcelle

La storia delle scarcelle é antichissima – mi diceva e iniziava a raccontare, mentre io mi perdevo in quell’odore di redenzione e rinnovata purezza che travolge un po’ tutti a Pasqua.

Mi raccontava di una madre, povera, che, avendo ben poco in dispensa, aveva deciso di ricorrere ai cibi più semplici, quali farina, olio, zucchero e uova, per dare un barlume di gioia ai figli e celebrare la Pasqua.

Poi, con parole semplici, mi spiegava il significato di quella forma particolare e, soprattutto, della presenza delle uova, imprigionate da due strisce di pasta che, dopo la cottura, per me rappresentavano un ostacolo terribile per poter gustare il sapore delle uova.

Sorridendo alle mie osservazioni, mi diceva che l’uovo veniva imprigionato come Gesù e che, solo a Pasqua, liberandolo, avremmo gustato la resurrezione del divino

Non ero golosa, ma godevo di quei profumi e di quelle suggestioni che la tradizione sapeva creare in me.

E, ancora oggi, girovagando tra le vie di ‘Taranto vecchia’ si rinnova il ricordo di quel racconto e, perdendomi nei profumi che invadono i vicoli, ritrovo quella voglia di rinascita che é anche il significato della Pasqua.

#IrmaSaracino