• Mer. Mag 8th, 2024

C’era una volta l’Opera

c'era

Di fronte agli obbrobri di regie pseudo impegnate si smarrisce lo spirito del Melodramma e cresce il rimpianto di ciò che era.

Il #sipario chiuso, ondulato dai soffi impalpabili dell’attesa e una sottile ansia che accompagnava gli spettatori, pronti a calarsi in scene di vita. Tutto era lì in quegli attimi densi di pathos, ma anche di curiosità. Poi l’apertura di esso apriva squarci di realtà , cullata dalle melodie immortali di grandi maestri. fotografando la storia, il tempo dell’azione. C’era la voglia di immergersi in quelle atmosfere, in quei colori.

E il profumo del tempo era palpabile, mentre le note dei preludi davano il via alla rappresentazione. Questa era l’ #Opera. Storie di vita, di amori, rappresentate su quel palco, ma vissute dalla platea.

Una sottile alchimia

C’era subito magia. Incanto, bagliore di costumi ed esplosione di sensazioni. E nasceva così un tempo nuovo, quello della memoria , mentre nello spettatore aveva inizio quella catarsi che lo avrebbe portato all’immedesimazione totale, assoluta.

Alchimia sottile della #musica, potenza espressiva delle immagini! I suoni delle voci erano un tutt’uno con le vibrazioni dell’anima e la scena si colmava di suggestioni.

Il palco diveniva così la scena della vita e i grandi amori, le passioni, del passato erano anche presente, futuro.

Cavaradossi era l’artista, perso nei sensi, nella passione anomala per Tosca, ma era anche l’uomo in grado di morire in nome di un ideale.

Carmen era la sublime, spavalda donna libera. Ammaliatrice, seduttrice, ma forse fragilmente incapace di amare. Mentre Armando vinceva anche la morte con il suo amore sincero e sfortunato.

Erano lì, personaggi veri, stigmatizzati con le loro debolezze, i loro demoni, pronti a farci sognare e a guidarci nell’analisi di noi stessi.

Il Melodramma oggi

I tempi mutano, ma gli uomini no. E certamente la trasposizione sulla scena inviolabile del Melodramma di problematiche sociali del nostro tempo, ne snatura lo spirito, oltre a violarne la collocazione storica.

Ho ancora negli occhi la fucilazione( o meglio l’esecuzione) di Cavaradossi della Tosca rappresentata nel gennaio del 2020 al San Carlo di Napoli.

Una regia sperimentale che ha completamente svilito l’ #Opera, con improbabili coccodrilli impiccati all’interno dello studio di Scarpia.

Per non parlare poi della pietosa rappresentazione della Turandot a Torre del Lago, la scorsa estate. Un’offesa alla memoria di Puccin!

Insomma un panorama variegato di registi, per così dire, impegnati, quale Mario Martone, regista dell’Otello al San Carlo di Napoli. Un’opera andata in scena ieri sera, alla presenza dell’amato presidente Mattarella, e che ha diviso la platea tra fischi ed applausi.

E sì, perché, nella logica dell’adeguamento ai tempi, Desdemona é una soldatessa in tuta mimetica che affronta, pistola alla mano, un Otello fragile e insicuro. L’ambiente? Il Medio Oriente.

Considerazioni e perplessità

Ma diamo al tempo la risposta alle tante perplessità che affollano la mente e attendiamo di prendere visione di questa rappresentazione dell’Otello verdiano con un cast di tutto rispetto, nel quale brilla la presenza di Jonas Kaufmann. Stella indiscussa del firmamento operistico.

Ammesso che sia lecito ancora parlare di Opera!

#IrmaSaracino